di Vittorio Ferri*
L’articolo di Gianni Trovati Non solo il «salva-Roma»: gli altri comuni con la mina del debito, pubblicato su il Sole 24 Ore del 23 aprile ( https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-04-23/non-solo-salva-roma-altri-comuni-la-mina-debito-075648.shtml?uuid=ABfDx7qB ), ha presentato il quadro dell’indebitamento dei principali comuni capoluogo delle Città metropolitane delle regioni a statuto ordinario e speciale. Alcune considerazioni di carattere generale possono essere utili a trattare questi problemi e limitare i provvedimenti di emergenza, come già avvenuto da circa 10 anni per il Comune di Roma.
La presenza nelle aree metropolitane di maggiore dimensione di popolazioni non residenti, i cosiddetti city users, aggiuntive a quella residente, determinano importanti conseguenze sia per la fornitura dei servizi pubblici locali che per il loro finanziamento.
Da un lato, la popolazione presente è data dalla somma della popolazione residente e di quelle non residenti (la popolazione alloggiata – anche nelle strutture ricettive – e quella non residente giornaliera – i pendolari per motivi di lavoro e di studio – e di contatto, le presenze per eventi, congressi, prestazioni sanitarie), dall’altro la popolazione contribuente è data sostanzialmente dalla somma della popolazione residente e dalla popolazione non residente alloggiata.
Nei comuni capoluogo delle Città metropolitane la presenza, anche temporanea, di popolazioni non residenti determina una situazione d’inefficienza in quanto le politiche pubbliche locali sono essenzialmente rivolte ai residenti e pertanto non si tiene conto, o lo si fa in maniera insufficiente, dei bisogni delle popolazioni non residenti, la cui presenza determina un incremento della domanda di servizi e, conseguentemente, la loro sottodotazione, nonché la traslazione di buona parte della relativa spesa a carico dei residenti.
Le popolazioni non residenti sono in generale una risorsa per i comuni capoluogo delle Città metropolitane. In particolare, emergono correlazioni positive tra l’incidenza del pendolarismo per lavoro e la capacità produttiva dei territori regionali, espressa mediante il PIL per abitante e, al contrario, correlazioni negative per il tasso di disoccupazione.
Tuttavia, la loro presenza determina oneri di bilancio, incide sulla capacità di spesa e sugli investimenti dei comuni capoluogo, mentre la determinazione dei trasferimenti finanziari dai livelli superiori di governo è normalmente calibrata solo sulla popolazione residente.
Naturalmente, i comuni capoluogo non sono solo la destinazione, ma anche l’origine dei flussi di pendolari che, per motivi di studio e di lavoro, si spostano verso i comuni contermini.
In altre parole, occorre tener conto del fatto che le aree metropolitane sono territori di circolazione, e pertanto le modalità di finanziamento dei comuni devono tener conto di questi fenomeni.
Alcune tipologie di popolazioni non residenti possono partecipare al pagamento dei tributi locali, anche se non sono elettrici, mentre altre non vi partecipano affatto e pertanto non sono né elettrici, né contribuenti.
Questi problemi erano già noti al legislatore, che nella legge delega n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale, all’articolo 12 lettera d), ha fatto riferimento ai flussi turistici. Vale la pena di ricordare che l’attuale legislazione nazionale sull’imposta di soggiorno (decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23) è stata preceduta nel 2010 dalla reintroduzione del tributo per il solo Comune di Roma (decreto legge 31 maggio n. 78), dopo “il commissariamento del bilancio” avvenuto nel 2008. Purtroppo, finora è stata trascurata la modifica dei meccanismi di assegnazione dei trasferimenti finanziari, che, mediante indicatori adeguati, dovrebbe tener conto delle esternalità e degli oneri per il bilancio dei comuni capoluogo delle Città metropolitane derivanti dalla presenza delle popolazioni non residenti.
*Università di Milano Bicocca e di Pavia vittorio.ferri@unimib.it