di Alessandro Balducci*
Il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano è tra i dipartimenti italiani finanziati dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MIUR) per il periodo 2018-2022 nell’ambito dell’iniziativa “Dipartimenti di eccellenza”. Per il quinquennio, il DAStU si è impegnato ad esplorare i processi articolati e plurali di fragilizzazione del rapporto spazio-società per candidarsi a diventare un centro di competenza nazionale e internazionale sul tema delle “fragilità territoriali”.
Ci sono molti segnali in giro per il mondo del fatto che ciò che ha portato al successo di Trump negli Stati Uniti, della Brexit in Inghilterra, dei partiti cosiddetti populisti in molti paesi europei, Italia compresa, è interpretabile come una sorta di vendetta dei territori fragili verso politiche che si sono sistematicamente dimenticate di loro. Guardando ai risultati elettorali a larga scala sembra che le disuguaglianze territoriali siano quasi più importanti di quelle relative al reddito individuale.
I territori fragili sono le periferie delle grandi città, che non a caso sono sempre nella agenda elettorale dei candidati sindaci, sono le aree interne, montane o collinari le cui condizioni di marginalità sono spesso aggravate dal rischio idrogeologico o sismico, sono molte aree del Sud in Italia, dell’Est in Germania, della “rust belt” negli Stati Uniti. La ricetta economica dominante della concentrazione degli investimenti e delle risorse nelle aree forti dei diversi paesi ha fatto si che mentre si realizzavano cablaggi, infrastrutture di ogni tipo, treni ad alta velocità, potenziamento degli aereoporti, grandi eventi nelle principali metropoli, i territori fragili sono stati oggetto al più di politiche di coesione territoriale, o di assistenza pubblica tout court, che non sono state in grado di invertire il processo di declino e di spopolamento. Perché di fatto la reazione è stata quella della “uscita” per le popolazioni più dinamiche che potevano migrare, o della “protesta” attraverso il voto per tutti quelli ce non potevano far altro che restare intrappolati nel loro territorio dimenticato dalle politiche.
Pensiamo a quanti “rami secchi” delle ferrovie sono stati abbandonati nei territori marginali mentre si investivano enormi capitali nell’alta velocità; a quanti ospedali sono stati chiusi per una logica di razionalizzazione cieca alle esigenze dei territori; a quante scuole sono state cancellate sulla base degli stessi criteri; allo stato di abbandono di molte infrastrutture, dagli acquedotti alle strade, in molte parti del territorio nel nostro Paese.
La ventata populista che attraversa il mondo sta rendendo evidente che mentre fino a ieri ci si poteva relativamente disinteressare dei territori marginali, continuando a pensare che ci si poteva fare ben poco, e che bisognava continuare ad alimentare le locomotive dello sviluppo, oggi, quando molte forze antisistema hanno conquistato il potere, ci si rende conto che le loro politiche rischiano di portare a fondo anche le aree forti e le economie di interi paesi. Tornare ad occuparsi seriamente delle fragilità territoriali è dunque una necessità e assieme una grande opportunità. E’ una necessità per evitare che la deriva intrapresa si accentui e porti a crisi senza ritorno di interi sistemi socio-economici. E’ una opportunità perché nei territori fragili sono presenti straordinarie risorse, umane, paesaggistiche, culturali ed ambientali, che se supportate da nuove politiche basate sullo specifico capitale territoriale, possono portare un beneficio economico e sociale per tutti.
Ci sono grandi risorse nelle periferie urbane, dove le reti associative possono essere i punti di forza di veri progetti di rigenerazione urbana. Ci sono grandi risorse nelle montagne che non possono essere guardate più solo come meta turistica o come riserva di risorse idriche, energetiche ed ambientali, ma debbono e possono essere integrate in una rinnovata relazione con le città. Ci sono risorse straordinarie nelle aree interne, nei mille borghi dell’Italia minore, fuori dagli itinerari del turismo di massa, come sta dimostrando la Strategia Nazionale per le Aree Interne che con poche risorse e con pazienza, ripartendo dai territori, sta disegnando possibili vie di uscita dalla traiettorie del declino e dello spopolamento.
Sul tema delle fragilità territoriali il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano punta alla costruzione di un centro di competenze, cui lavoreranno nei prossimi anni 16 assegnisti e 11 dottorandi di ricerca, e che si è aperto il 26 Marzo scorso con una giornata di studi dal titolo “Una agenda di ricerca sulle fragilità territoriali”.
*Politecnico di Milano sandro.balducci@polimi.it