di Vittorio Ferri*
La governance del Piano di ripresa e resilienza (PNRR) è stata al centro di polemiche. Molta attenzione è stata concentrata non tanto sull’assegnazione delle risorse ai singoli progetti, quanto sulle modalità di spesa, vale a dire su chi (e con quali poteri) avrà la responsabilità di attuare il PNRR.
Il problema dell’attuazione delle politiche e del raccordo tra diversi ministeri non è nuovo. Era emerso nella stagione della Programmazione economica (dalla Nota Aggiuntiva di Ugo La Malfa del 1962, al Progetto ’80). Per questa ragione, nel 1967 (legge n. 48, art. 16) è stato istituito il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) con la missione di promuovere l’unificazione dei centri di coordinamento interministeriale competenti in materia di politica economica e del raccordo tra i diversi attori economici, imprese pubbliche e ministeri.
Dunque il CIPE, presieduto dal presidente del Consiglio dei ministri, era stato istituito come unica sede di compensazione tra organi di governo individuali (i ministeri) e l’organo collegiale, il Consiglio dei ministri, in uno schema decisionale ternario. Certamente da allora ad oggi il quadro europeo è cambiato, ma non va dimenticato che al CIPE era assegnato anche il ruolo di armonizzare la politica economica nazionale con le politiche economiche degli altri paesi della Comunità europea in specifici settori, ad esempio il carbone e l’acciaio.
Attualmente il CIPE è un organo collegiale del Governo supportato da strutture tecniche qualificate, è il centro di decisione della programmazione e dell’attuazione degli investimenti pubblici. In pratica: alloca le risorse finanziarie a programmi e progetti di sviluppo; approva le principali iniziative di investimento pubblico; assegna i finanziamenti comunitari (co-finanziamento).
Tuttavia, va osservato che negli ultimi anni l’attenzione è stata concentrata sui Documenti di programmazione economico-finanziaria (DPEF) e sulla Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (NADEF) relativa all’aggiornamento delle previsione di economiche e finanziarie, che costituiscono la cornice del processo di formazione delle leggi di bilancio. Questi Documenti presentano il rischio di risultare adempimenti formali, in quanto sono fondati su previsioni macroeconomiche spesso ottimistiche e disattese e soprattutto privi di collegamenti con la Programmazione economico-territoriale. Anzi di recente è emersa con forza una sostanziale indecisione programmatica, rispetto alla necessità di una programmazione poliennale della spesa pubblica. Ora, dal programma Next Generation Eu emerge lo scarto tra i meccanismi della Programmazione comunitaria nel suo complesso e quella italiana, condizionata dall’instabilità politica e dei governi che non favoriscono scelte di lungo periodo. L’azione tradizionale del CIPE, ora integrata con il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile (CIPESS) è importante per valutare i progetti di investimento, compresi quelli inseriti nel PNRR. In pratica è opportuno che il CIPESS assuma il ruolo di Cabina di regia del PNRR, come sostenuto nel Rapporto ASviS 2020 (si veda https://asvis.it/public/asvis2/files/Pubblicazioni/RAPPORTO_ASviS_TERRITORI_2020.pdf, p. 137.)
Dunque, l’approccio seguito a suo tempo con l’istituzione del CIPE era molto lontano dallo specifico meccanismo di governance proposto inizialmente dal Governo per l’attuazione del PNRR: un potere di tipo commissariale esterno ai ministeri, affidato a singoli responsabili di ogni missione. Un eventuale duplicazione con il CIPE, e ora con il CIPESS, sarebbe ingiustificata.
* Università IUAV di Venezia vittorio.ferri@unimib.it