di Laura Mariani*
Questo articolo interviene nel dibattito aperto da Silvia Viviani col documento programmatico dell’Inu
La CGIL ha partecipato al dibattito proposto dall’INU, condividendo scenario, punti enunciati e approccio, integrato e multilivello, in linea con le nostre più recenti elaborazioni, nelle quali tentiamo di coniugare azione contrattuale con esigenze di tutela ambientale, equità sociale, sviluppo economico.
Con riferimento agli ambiti urbani noi parliamo, infatti, di città sostenibili perché in tali contesti sono strettamente integrati i principali fattori di sostenibilità ambientale e sociale e perché le aree urbane rappresentano, nello schema economico, grandi motori di cambiamento.
Noi partiamo dai bisogni prioritari del territorio, come nel nostro Piano del Lavoro, ritenendo indispensabile indirizzare investimenti pubblici verso l’innovazione e i beni comuni, prima leva, a nostro parere, per generare crescita, rinnovare il modello di sviluppo e creare nuova occupazione. Nelle città, investimenti in alcuni settori trainanti possono avere un rilevante peso su consumi privati, valore aggiunto, occupazione, con conseguente ricaduta su ambiti prioritari di intervento, in cui la rigenerazione urbana rappresenta l’occasione per affrontare problemi complessi con soluzioni che devono essere in grado di individuare, sostenere e sviluppare politiche di sostenibilità.
Consapevoli della necessità di dover affrontare la complessità delle problematiche, confrontandoci con un modello di sviluppo profondamente mutato rispetto al passato e un progressivo arretramento dello spazio pubblico, sia sul terreno normativo che finanziario.
Nel nostro Paese, a fronte del ruolo strategico riconosciuto alle città nell’ambito delle politiche di sviluppo, manca un’agenda nazionale che definisca obiettivi, strumenti di attuazione e risorse, una cornice programmatica che integri politiche settoriali, una sede di indirizzo e coordinamento (l’istituzione, nel 2012, del CIPU, non ha avuto seguito).
È assente una normativa nazionale che definisca contenuti e finalità dei processi di rigenerazione, in assenza della quale i Comuni non riescono a confrontarsi compiutamente con tale problematica.
Le politiche urbane si poggiano, in gran parte, su risorse straordinarie, europee e nazionali, con programmi che hanno scontano molti limiti: incertezza di finanziamenti, procedure ogni volta differenziate, lunghezza dei tempi attuativi, inadeguatezza della
macchina amministrativa. Finanziamenti una tantum gestiti con difficoltà, puntando su velocità, tempi certi ma contenuti, fattibilità nel breve periodo. Con scarsi risultati e senza verifiche ex post.
Anche nel recente Bando Periferie, che ha visto uno stanziamento di fondi rilevante rispetto a quanto finora dedicato alla riqualificazione urbana, si legge lo sforzo di intervenire con l’obiettivo di un miglioramento complessivo dell’area, con percorsi e contenuti innovativi, a volte con una visione di area vasta, più azioni strategiche e riguardanti anche i Comuni dell’hinterland, guardando anche al tessuto sociale e produttivo, al contesto ambientale, alla comunità. Altri progetti non sembrano delineare un reale percorso organico, mancando una visione complessiva delle condizioni dell’ambito da riqualificare.
Noi riteniamo indispensabile, quindi, superare episodicità e frammentazione, nell’ottica di un’agenda urbana che possa garantire alle città un quadro coerente in termini sia di programmi che di risorse, per mettere le città in condizioni (finanziaria, normative,
di organico) di portare avanti politiche di sviluppo sostenibile all’altezza delle sfide che i contesti urbani si trovano ad affrontare.
*Responsabile politiche abitative e per lo sviluppo urbano Cgil nazionale l.mariani@cgil.it