di <b> Gabriele Pasqui* </b>
La notizia che nel 2018, per la prima volta nella storia dell’indagine promossa dal Sole 24 Ore, Milano risulta prima nella classifica delle province italiane più vivibili ha destato in città, sui giornali e sui social, un dibattito di qualche interesse.
Come ogni ranking tra città e territori, anche la classifica del Sole 24 Ore dipende in modo cruciale dagli indicatori selezionati per stilarla, e non può essere assunta acriticamente. Tuttavia, essa ci dice qualcosa sia sugli immaginari, sia su alcune dinamiche strutturali in atto.
Come mostra la ricerca del quotidiano economico certamente l’immagine di Milano è molto migliorata negli ultimi anni, anche in ragione di performance significative sul fronte dell’attrattività per popolazioni diverse (dai turisti agli studenti; dai professionisti ai migranti), ma anche dell’offerta culturale e delle possibilità di occupazione. E’ la città con il reddito pro capite più alto, con la più elevata percentuale di occupati nella fascia tra i 15 e i 64 anni. E’ una città dinamica e cosmopolita, la più aperta ed europea tra le metropoli italiane.
Questa rappresentazione, supportata anche da dati oggettivi, dipende anche dalle politiche pubbliche che le ultime amministrazioni (compresa quella di centrodestra di Letizia Moratti) hanno promosso con determinazione: rafforzamento del trasporto pubblico su ferro, che non ha ancora raggiunto i migliori standard europei ma è certamente migliorato; azioni di disincentivazione dell’uso dell’auto (area C, car sharing e bike sharing) che hanno ridotto il numero di vetture per abitante; una forte attenzione al sostegno dell’imprenditorialità e delle diverse forme di innovazione e auto-organizzazione sociale.
Tuttavia, non possiamo dimenticare anche i punti di debolezza. Milano resta molto inquinata, il suo sistema dei parchi è ancora insufficiente, molte aree periferiche permangono in condizioni di fragilità sociale e spaziale.
In termini generali si può parlare di una progressiva crescita di processi di polarizzazione, che assumono diverse configurazioni sociali e spaziali. Cresce il dualismo tra la Milano ricca di capitale sociale e culturale e quella più povera, abitata da sentimenti di rancore e insicurezza, insediata non solo nei quartieri di periferia ma anche nelle aree abitate da un ceto medio spaventato e impoverito. Aumentano i divari tra la città capoluogo, capace di attrarre investimenti importanti anche di carattere internazionale, e gli altri comuni della Città metropolitana. Cresce il divorzio tra Milano e la regione, tra il cuore pulsante del sistema produttivo lombardo e il suo territorio di riferimento. Si amplifica la dicotomia tra una terziarizzazione alta, knowledge intensive, e la terziarizzazione bassa del lavoro precario e sottopagato.
Queste città, pur nella condivisione di un orgoglio legittimo nei confronti della propria città, dialogano sempre meno e spesso confliggono apertamente. Una lettura fine dei risultati delle ultime elezioni politiche mostra come anche a Milano possa facilmente prevalere la cultura della chiusura, della paura e del rancore.
La consapevolezza dei rischi di radicalizzazione di questa nuova polarizzazione è presente nella discussione pubblica e in larghe parti dell’Amministrazione comunale, ma gli antidoti efficaci non sono ancora stati trovati. Inclusione e innovazione non sempre possono essere perseguite con gli stessi strumenti e con le stesse politiche, e le narrazioni su Milano smart, internazionale e attrattiva di capitali e di talenti finiscono per oscurare alcuni dati strutturali che ci mostrano una città più diseguale e potenzialmente più divisa.
La classifica del Sole 24 Ore deve anche inorgoglire; tuttavia, dovrebbe essere anche l’occasione per mettere a punto narrazioni e progetti che siano in grado di aumentare la giustizia sociale e spaziale, e di redistribuire la ricchezza che certamente Milano è in grado di produrre.
Milano è in vetta, ma non può pensare che quel che è stato fatto sia sufficiente per promuovere sviluppo ecologicamente e socialmente sostenibile.
Questa è oggi la sfida di una città che deve essere più vivibile, e più giusta, per tutti, non per pochi.
*Politecnico di Milano gabriele.pasqui@polimi.it