di Luciano Vandelli*
La riflessione aperta da Urban@it – con i contributi di Gianfranco Viesti e, quindi, di Vittorio Ferri – sull’attuazione del regionalismo differenziato si presenta di grande utilità. Particolarmente in questo periodo in cui, in attesa di conoscere i testi che dovranno definire i contenuti reali e concreti dell’intesa con le singole Regioni proponenti (ad ora, Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna), è necessario definire qualche parametro in base al quale valutare le linee che verranno adottate.
Partirei da una considerazione di carattere generale: in nessuna esperienza (e men che meno in quella italiana) l’uniformismo ha mai garantito una effettiva eguaglianza di trattamento dei cittadini. Del resto, l’esigenza di superare la piena uniformità di istituzioni e regole per modularle in relazione alle peculiarità dei territori è ormai avvertita dalla generalità dei Paesi in Europa (e non solo). A partire dalla Francia che, pur tradizionalmente considerata la patria dell’uniformismo, ha ormai articolato il modo di essere e di funzionare delle amministrazioni locali in una molteplicità di situazioni e di regole, sino a configurare quel fenomeno che è stato definito “territorializzazione del diritto”.
Opportuno, dunque, è stato l’inserimento nella nostra Costituzione, nel 2001, del criterio di “differenziazione” (art. 118); affiancato e bilanciato, peraltro da alcuni fondamentali fattori unificanti, dalla riserva alla legislazione esclusiva dello Stato di materie come i livelli essenziali delle prestazioni (che dovrebbero essere finalmente definiti per l’intero territorio nazionale, e per tutte le materie, a partire da quelle oggetto dei decentramenti differenziati) alla perequazione finanziaria garantita dal fondo di solidarietà a favore dei territori con minore capacità fiscale per abitante.
In questo quadro, si collocano le “forme e condizioni particolari di autonomia” consentite in determinate materie dall’art. 116, terzo comma (secondo un procedimento che prende avvio da una iniziativa della Regione interessata, procede con una intesa tra questa e lo Stato, si conclude con una legge approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti), come elemento di flessibilità per dare risposta a peculiari esigenze e istanze che provengano da determinate Regioni. Flessibilità che, a mio avviso, deve essere modulata e valutata, al di fuori di ogni preconcetto, in relazione agli specifici contenuti ed al rispetto di criteri invalicabili.
Tra questi criteri, un ruolo primario riveste la questione delle risorse; che certamente – concordo pienamente con Viesti e Ferri – deve essere impostata prescindendo da ogni considerazione del gettito fiscale, senza intaccare la perequazione e fissando parametri rigorosi all’azione delle Commissioni paritetiche che -a quanto pare- saranno chiamate a definire i futuri adeguamenti finanziari.
Non porrei, invece, limiti a priori sulla delimitazione delle materie. Questa è già stabilita (come ambito massimo) dall’art.116 Cost.; e, all’interno di ciascuna di esse, ogni valutazione sulla ammissibilità/opportunità dei conferimenti va commisurata, credo, ai contenuti puntuali che verranno definiti nella intesa. Anche il delicato ambito della scuola può ammettere decentramenti mirati (in fondo, se esistono istituti scolastici gestiti da privati, perché non potrebbero esisterne di gestiti dalle Regioni?), sempre che essi si collochino in un quadro chiaro di garanzie.
Certo, di queste esigenze di valutazione -da parte del Parlamento, anzitutto, ma anche dell’opinione pubblica- dovrebbero tenere conto le modalità procedurali; in un percorso che dovrebbe/dovrà essere caratterizzato da una piena trasparenza, mettendo in grado (finalmente) di conoscere i contenuti delineati per le nuove intese (considerato che quelle preliminari raggiunte nella scorsa legislatura sembrano ormai superate) e di aprire un effettivo dibattito pubblico, incentrato non su preconcetti ideologici ma su opzioni concrete. Anche per consentire ai parlamentari -per una volta- di analizzare e riflettere sui contenuti delle proposte che saranno chiamati a votare.
*Università di Bologna proflucianovandelli@gmail.com